Nel 1913 il teologo Cav. P. Prato, allora Prevosto di San
Donato, nella sua opera “Alcune notizie
storiche riguardanti Val della Torre” ; a proposito delle montagne che
circondano l’abitato così scrisse : “…...non sono ricche di miniere; tuttavia
le due cave di magnesia nelle regioni Ansis e Pragranè potrebbero essere
abbastanza rimunerative; ve n’à pure una di rame con piccola quantità d’oro e
d’argento, la quale, non ostante i ripetuti assaggi, non fu ancora fino ad oggi
assunta in esercizio a causa della sua grande altezza e lontananza dalla strada
carreggiabile.”
Da quanto scritto si apprende
che, seppur limitata, l’attività mineraria ebbe ad esistere anche a Val della
Torre.
Il complesso minerario sfruttato
industrialmente fu, senza dubbio, quello delle cave di “Ansis e Pragranè” da
cui si estrasse la magnesite.
Associata alla magnesite si rinviene l’
opale comune
dal tipico colore bianco caseoso (var. resinite) con tonalità a volte iridescenti.
La densità e l’indice di rifrazione degli opali della nostra zona furono determinati da Fenoglio e
Sanero (1942-43) usando campioni puri ed incolori dei diversi giacimenti.
Lo Jervis segnala la presenza a Val della Torre e Caselette di diallagio scuro (var. bronzite)
in cristalli notevoli e venature; smaragdite e sausurrite;
magnetite granulare in rare venature.
E’ anche possibile ritrovare piccole dendriti e globuli di ossidi di manganese sia
nella magnesite compatta che nell’opale.
Per quanto concerne il secondo sito minerario
menzionato dal Prato si ebbe una
prima concessione per ricerche minerarie
di pirite, di ferro e rame, rilasciata il 9 marzo 1909 a favore dell’Ing.
Vincenzo Sardi di Torino e Luigi Coppo. I limiti del campo di ricerca
coincisero con un ipotetico triangolo avente come vertici il monte Arpone
(m. 1601), il colle Lunella (m. 1374) e la borgata Castello. In questo territorio,
come si apprende dalla relazione dell’ing. Sardi del 5-07-1907,
in regione Arponte ad un’altitudine di circa 1000 m. s.l.m.
sulla destra orografica del torrente Casternone, si è rilevato un
giacimento piritico–cuprifero (calcopirite) composto di 2 filoni con
potenza in metri da 0.4 a 1 e direzione N-20°-E.
L’inclinazione degli strati rocciosi
risulta pari a 32° mentre la roccia inglobante è serpentino misto ad amianto.
In loco è ancora possibile notare la discarica dovuta all’attività di scavo e
l’
ingresso della
galleria N°1 e di quella di Ribasso. Lo scavo della galleria
N°1 non è proseguito oltre la lunghezza di circa m. 10, mentre il Ribasso
misura una lunghezza di circa m. 28.
Decaduta la concessione mineraria sopraccitata e
trascorsi trent’anni, venne rilasciato
un nuovo permesso di ricerca per
pirite, ferro e rame in data 7 giugno 1939. L’area interessata dal nuovo
permesso presentò confini riconducibili ad un quadrilatero con un vertice
coincidente con il punto d’affluenza del rio Arpone con il torrente
Casternone.
L’estensione del quadrilatero si diresse verso ovest da un lato e verso nord
dall’altro ricoprendo parte della vecchia concessione. Dalla topografia di
quest’ultima ricerca mineraria non risultano scavi di nuove gallerie.
L’attività connessa ad entrambe
le concessioni non ha rilevato quantità e qualità di minerali degne di
sfruttamento. E’ stata segnalata la presenza di malachite, pirite,
tracce d’oro e d’argento; ma il tutto ha avuto un esclusivo interesse
geologico. Bisogna anche tener presente che la segnalazione di tracce d’oro e
d’argento è comune a tutte le antiche miniere alpine, ed è quindi,
presumibilmente nata da leggende non rispondenti a verità.
Interessante è la segnalazione da
parte del Piolti (1909) del ritrovamento, lungo il sentiero che conduce al
colle della Portia a circa un’ora di marcia dal ponte sul Casternone, di talco
nero così colorato dalle inclusioni di cromite e magnetite. La roccia era
sita in una litoclase di una norite alterata. Un campione di questo talco è
risultato essere magnetico-polare. Si pensa che tale fenomeno sia dovuto
all’azione di un fulmine.
Come corollario a quanto scritto vengono citate di
seguito alcune località valtorresi il cui toponimo richiama la presenza di
resti o di antiche attività di carattere minerario. A circa 820 m. s.l.m.
nei pressi del torrente Casternone, in località la Minéra, vi era una
miniera di calce e nelle immediate vicinanze sorgeva un forno, per la
cottura del minerale, di cui sono ancora visibili i ruderi.
In una località, omonima
della precedente, sita a 670 m. s.l.m. in zona detta Trucas, era attiva, sino
alla fine della seconda guerra mondiale, una cava di magnesite. Lo stesso
minerale pare fosse estratto anche in località u Mular, nei pressi del
Castlass, ad un’altitudine di 425 m. s.l.m..
Per chiudere citiamo una
curiosità non mineralogica ma pur sempre di carattere geologico. Sulle pendici
del Munt Curt è sita la cosiddetta Ròca ‘d l’Agia (roccia dell’aquila) dove, si
dice nidificasse l’aquila. Orbene, questa roccia altro non è se non un masso
erratico di grandi dimensioni ivi lasciato dall’ultima glaciazione.
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