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Purtroppo anche molti alberi della nostra verde vallata sono soggetti all’attacco della
Processionaria, subendo una defoliazione affiancata da un indebolimento generale che
li porterà alla morte.
Questo lepidottero dal nome scientifico Thaumetopoea pityocampa (Shiff), è giustamente
considerato un parassita che causa seri danni alla vegetazione arborea ed anche
implicazioni sanitarie riconducibili a fenomeni allergici cutanei e respiratori.
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Gli alberi colpiti appartengono alle seguenti specie: Pinus pinea, P. pinaster, P. larico, P. nigra,
P. silvestris, P. halepensis, P. marittima, Cedrus daedora, C. libani, C. atlantica.
Nelle zone particolarmente colpite dal parassita, durante i periodi di siccità, si disperdono
nell’aria peli microscopici ripieni di acido formico. Questi causano arrossamenti cutanei e
gonfiori, mentre, in altre persone, possono provocare violente crisi allergiche.
Per difendersi da queste patologie è possibile spalmare, sulla cute esposta all’aria, vaselina o
altre sostanze grasse e proteggere gli occhi con occhiali chiusi di lato.
E’ pure consigliabile l’utilizzo di una mascherina onde evitare l’immissione per via respiratoria
dei piccolissimi peli urticanti.
Caratteri morfologici
La Thaumetopoea pityocampa è una farfalla crepuscolare e
notturna. Risulta quindi difficoltoso l’avvistamento dell’adulto durante
il giorno, ciò anche perché si mimetizza e abita la parte alta
dell’albero. E’ comunque una farfalla con corpo tozzo, apertura alare di
circa 3 cm. e con colorazione grigio – marrone chiaro poco appariscente,
come del resto la grande maggioranza dei lepidotteri notturni. La
collocazione sistematica è controversa poiché alcuni entomologi ascrivono
questo genere alla famiglia Notodontidae, mentre altri hanno coniato una
famiglia a parte, i Thaumetopoeidae.
Ciclo vitale
Verso la fine di agosto, dalle 150 / 300 uova
deposte dalla femmina attorno ad un ago di pino, nascono le larve che,
dopo essersi irrobustite rosicchiando gli aghi dell’albero che le ospita,
iniziano la costruzione del nido con la seta da esse stesse secreta. A
fine settembre circa il nido appare ultimato e sito nella zona apicale dei
rami o, meno frequentemente, nelle biforcazioni. La sua grandezza è
determinata dalla popolazione ospitata che può raggiungere i 2000 / 3000
individui.
La struttura del nido consente ai bruchi di superare
l’inverno in un ambiente sufficientemente caldo e confortevole.
Ai primi tepori primaverili, verso marzo, i bruchi escono dal nido per nutrirsi degli aghi della
pianta ospite e, come la mitica Arianna insegna, tornano al nido usando come guida un filo di seta
all’uopo secreto.
Alla fine di aprile – maggio le larve, ormai cresciute, scendono a terra formando lunghe
processioni sul tronco e sul terreno (da cui il nome comune di Processionaria) interrandosi ad
una profondità di 8 / 10 cm.. Qui si chiudono in un bozzolo e vi restano per un periodo variabile
dai 2 ai 4 anni.
Le immagini (adulti) sfarfallano nel mese di luglio.
Antagonisti naturali e metodi di lotta
Tra gli animali che sono in grado di predare o parassitare le larve di Processionaria si
annoverano numerose specie di Ditteri e di Coleotteri.
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Fra questi ultimi riveste particolare importanza
Calosoma sycophanta (L.) (fam. Carabidae) dal bel colore verde metallico.
Sono pure antagoniste di T. pityocampa le
formiche rosse (
Formica rufa
L.) e, tra gli uccelli il Cuculo che riesce a
cibarsi delle larve senza subire danni dai peli urticanti. Pare superfluo
rammentare che le popolazioni degli animali citati non devono essere
ridotte per nessun motivo onde ridurre il dilagare della Processionaria.
I metodi di lotta che l’uomo
attua contro questo flagello sono di diversa natura. E’ possibile
iniettare nello xilema del tronco, tramite un tubicino d’alluminio
piantato ad arte, una soluzione antiparassitaria idonea contenuta in una
capsula collegata al tubicino stesso (sistema “Injector Mauget”). L’albero
viene contaminato dall’antiparassitario che, a sua volta, viene ingerito
dalle larve mentre si nutrono e ne causa la morte. Un altro metodo di
carattere chimico consiste nell’irrorare l’interno del nido con un
antiparassitario a contatto. Per ottenere ciò si usa un tubo terminante ad
uncino che sarà infilzato nel nido da un operatore sull’albero mentre un
altro a terra azionerà la pompa. Il liquido, fuoriuscendo dagli ugelli
inonderà il nido provocando la morte del parassita.
Tra i metodi di lotta di carattere meccanico ricordiamo l’asportazione
dei nidi tramite recisione dei rami infestati e successivo incenerimento,
ed un sistema alquanto curioso: sparare ai nidi con normali cartucce per
la caccia. Quest’ultimo metodo, praticato nei mesi freddi, causa la morte
delle larve, oltre che in maniera diretta, anche per esposizione alle
rigide temperature essendo il nido non più integro.
Negli ultimi anni sono state messe a punto delle tecniche di lotta
biologica, tra queste l’uso di trappole a ferormoni. Queste trappole,
costruite in maniera opportuna, usano come esca il ferormone sessuale
specifico della T. pityocampa (cis-13-esadecen-11-in-1-i acetato),
identificato nel 1981, che attira i maschi, impedendone così
l’accoppiamento, in un raggio di circa 200 metri.
Un sistema che dovrebbe avvicinarci alla soluzione del problema è l’uso
di un batterio con attività insetticida dovuta ad un’endotossina, prodotta
durante la generazione delle spore, che è denominata delta-endo-tossina o
cristallo parasporale. Gli alberi infestati vengono irrorati (tramite
elicottero per vaste superfici) con soluzioni contenenti il batterio
(Bacillus thuringiensis) che verrà ingerito dalle larve nutrendosi e
causerà la loro morte. Negli Stati Uniti, dove l’uso del Bacillus
thuringiensis è consentito dal 1961, non si sono evidenziati casi di danni
arrecati all’uomo o all’ambiente.
Speriamo che sia la volta buona!. Chissà, forse si riuscirà a debellare
questa antiestetica e molesta presenza dai nostri pini.
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