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Sulla nostra fonte storica più accreditata, cioè l’opera del teologo Cav. P. Prato dal titolo 
“Alcune notizie storiche riguardanti Val della Torre” edita nel 1913, il Casternone venne descritto 
con la seguenti parole: “magro e secco abitualmente, ma che al menomo temporale o nelle lunghe 
piogge, ingrossato dai mille rigagnoli circostanti, si fa tronfio, mugge e straripa, devastando 
orribilmente le campagne, e trascinando seco rumorosamente molti e grossi macigni, che poi lascia, 
appena al piano, ad ingombrare il proprio letto”.
  
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Lo scenario attuale non presenta più gli straripamenti orribili e devastatori 
descritti dal Prato anche se alcune zone sono ancora a rischio come la sponda destra dalla 
località Ranota a Brione.  E’ altresì ancora attuale il resto della descrizione poiché, chi scrive,
abitando nelle vicinanze del torrente, ha l’occasione di udire il rumore dei “grossi macigni” che
il Casternone trascina seco durante le piene. 
 
Bisogna quindi continuamente manutenere il corso del torrente con particolare attenzione alle 
località maggiormente esposte a fenomeni erosivi o di esondazione : il rinforzo degli argini in 
località Supatere; il periodico 
disalveo nelle località di Brione e Ponte; la manutenzione delle scogliere protettive di 
Casas e Mulino nonché la sistemazione periodica di altri tratti del torrente.
  
Il Casternone è un torrente, cioè un corso d’acqua breve e con portata irregolare, facente parte 
del bacino idrogeologico della Stura di Lanzo. Esso nasce alle falde del Monte Colombano, non distante 
dall’Alpe Lunella, ad un’altitudine di 1350 metri e, percorrendo la linea di maggior pendenza, 
raggiunge la località Muande Castello che costeggia a circa 700 metri s.l.m..  
Oltrepassata la vecchia miniera di rame, il Casternone prosegue il suo cammino nella valle tra 
le borgate Ciaine e Borlera accogliendo, poco prima di Mulino, i suoi primi due affluenti di 
sinistra cioè il rio Magnacrosta e il rio Rossato.  
La discesa a valle del Casternone continua e, in prossimità della località Ponte, esso riceve le 
acque di un terzo affluente di sinistra il rio Burrone. Ormai il letto del nostro torrente ha 
assunto condizioni di alveo allargandosi in modo da consentire il deflusso della portata 
maggiorata dagli affluenti.  
Nelle vicinanze della borgata Gibbione, a circa 427 metri s.l.m., il Casternone si diparte in due 
tronconi che si ricongiungono subitamente generando una sorta di piccolo isolotto oltre il quale, 
ormai in località Buffa, convogliano le acque del rio Codano (quarto affluente di sinistra).  
Oltrepassata la borgata Brione il Casternone riceve il rio Crosa, unico affluente di destra 
definibile come tale, ed abbandona il comune di Val della Torre per inoltrarsi in quello di San 
Gillio e gettarsi nel torrente Ceronda poco prima di Venaria.
  
Il nome Casternone ha origini romane ed è riconducibile al latino Castrum Nonum, che significa 
nono accampamento, e si riferisce al castro romano numero nove sito nella nostra valle e adibito 
a colonia penale.
Dalle fonti storiche in nostro possesso apprendiamo che, negli anni attorno al 1236, il 
Casternone si dipartiva in due rami all’altezza di Brione, uno si gettava nel torrente Crosa 
racchiudendo così Brione stessa tra due tratti torrentizi (inter duo Casternones). 
  
La gente del posto, suddivide la parte alta del corso torrentizio in Casternone superiore 
(Casternun giuran) e Casternone inferiore (Casternun sutan) alle cui rispettive zone sono 
assimilati i toponimi dei terreni circostanti. 
Sul tratto alto del corso del Casternone si possono notare alcune briglie di contenimento e, 
a valle delle medesime, dei piccoli laghetti impropri generati dalla cataratta prodotta dalla 
briglia stessa.  
Uno di questi piccoli bacini, che viene denominato “La Pozza” e si trova poco sopra il Mulino, 
è frequentato nel periodo estivo da persone in cerca di refrigerio.  
Il bacino imbrifero del nostro torrente, cioè la parte dove si raccolgono le cosiddette acque 
selvagge, è ovviamente situato nella parte alta del corso e termina poco oltre l’ingresso 
nell’abitato trasformandosi in alveo.  
Il tratto con caratteristiche di alveo permette all’acqua di defluire a livelli altimetrici 
inferiori senza che il deposito dei materiali erosi assuma proporzioni degne di nota.
  
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	Le acque del Casternone sono popolate dalla tipica fauna ittica dei torrenti alpini composta 
	principalmente da 
	Salmonidi
	 quali la trota fario (Salmo trutta  subsp. fario) e la 
	trota iridea
	 (Salmo gairdneri), e da  
	Ciprinidi
	 come le 
	alborelle 
	(Leuciscus albidus). 
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	Nelle acque ossigenate del torrente vivono anche alcuni insetti allo stato larvale che concorrono 
	alla dieta dei pesci, tra questi ricordiamo i Tricotteri che costruiscono curiosi astucci larvali 
	con frammenti minerali o vegetali.
  
Sulle rive del torrente vivono gli 
anfibi, sia anuri (rane e rospi) che urodeli 
(salamandre), e 
l’avifauna, predatrice di questi ultimi, tra cui ricordiamo l’
airone cinerino (Ardea cinerea) 
che si trova all’apice della piramide alimentare tipica di questo ambiente.
 
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