Gli auspici formulati nella breve nota del 5 febbraio (“L’ennesimo
incendio”), sono purtroppo stati vani. Dopo alcuni tentativi di ripresa
del fuoco nella medesima zona, prontamente affrontati dai volontari dell’AIB, è
successo ciò che non avremmo voluto vedere.
Nella tarda mattinata di domenica 8 febbraio 2004, scoppia
un incendio nella zona tra Val della Torre e Givoletto. Il forte vento fa sì
che in breve tempo le fiamme avvolgano gran parte della montagna e, a valle,
minaccino le abitazioni. Alcune frazioni di Givoletto vengono evacuate mentre
due Canadair ed un elicottero tentano, con grande difficoltà visto il forte
vento (sino a 70 Km/h), di far fronte al disastro che si prospetta sempre più
concretamente. Le pendici del Mon Baron sono in fiamme e le abitazioni lungo la
strada che collega Givoletto a Val della Torre corrono seri pericoli. Il rogo
divampa per tutta la giornata mettendo a dura prova volontari e Vigili del
Fuoco.
Dal casello di Volpiano dell’autostrada Torino – Aosta,
un’enorme colonna di fumo, tra cui si scorgono le fiamme, annuncia il disastro.
Man mano che ci si avvicina l’entità del rogo si rivela nella sua gravità.
Verso sera, quando i velivoli non possono più continuare la loro lotta, il
fuoco brucia vicinissimo all’abitato di Givoletto e, dalla cresta del Monte
Rosselli, continua la sua paurosa avanzata verso Val della Torre. Le case di
Moschette sono lambite dalle fiamme che vengono fermate a monte del tratto alto
della strada, mentre una lingua di fuoco avanza sul costone del monte.
La notte trascorre ed il fronte infuocato scende
lentamente, ma inesorabilmente, verso valle.
Fortunatamente il vento cessa e la mattina seguente, appena
possibile, riprendono i lanci d’acqua dai velivoli. Alle 7,50 circa un grande
elicottero affronta l’incendio sul costone del Monte Rosselli verso Val della
Torre. Il fumo è molto e quando il mezzo raggiunge i focolai, scompare alla
vista procurando in chi guarda un momento di tensione. Chissà cosa potrà vedere
il pilota in quelle condizioni? La risposta giunge lentamente con il diradarsi
della densa cortina di fumo: non so cosa possa vedere il pilota ma so
certamente che le fiamme regrediscono sotto la sua preziosa opera.
L’andirivieni del grande elicottero viene affiancato da uno
più piccolo, dotato di benna, e dopo circa un paio d’ore, il mezzo grande
lascia la zona. Il piccolo velivolo continua ancora per diverse ore a
rovesciare acqua mente, a terra, i volontari dell’AIB iniziano il loro
instancabile lavoro di bonifica.
Alle 16, circa, tutto sembra sistemato. Il fumo non sale
più dai resti carbonizzati rimasti al suolo e la squadra dell’AIB lascia la
località. Anche da oltre la cresta del monte non si vede più fumo: è buon
segno.
Il vento continua a concedere tregua lasciando ben sperare
per le prossime ore.
Tutto è finito, resta un’enorme distesa nera che avvolge il
Mon Baron e il Monte Rosselli. Sola, in alto sul Rosselli, sventola la manica
del vento sita a m.834, zona di decollo dei parapendio; unico contrastato
movimento bianco e rosso in un ambiente nero di morte.
Vorremmo non ripeterci rischiando la retorica, ma non
possiamo terminare queste quattro righe senza rimarcare ciò che pare scontato.
L’incuria o la stupidaggine di alcuni individui (sembra che l’incendio abbia
origine dolosa) fa sì che la comunità venga privata di un bene unico e di
difficile recupero quale il patrimonio boschivo e, come se non bastasse, mette
a repentaglio, abitazioni e vite umane.
Ci sentiamo moralmente vicini alle persone evacuate (che
brutta cosa abbandonare di corsa la propria abitazione senza sapere se vi si
potrà fare ritorno!) e a tutti quelli che hanno vissuto momenti d’angoscia.
Esprimiamo per l’ennesima volta la gratitudine che tutti noi dobbiamo ai
volontari dell’AIB e ai Vigili del Fuoco, unica ed insostituibile speranza in
questi brutti momenti.
Giovanni Visetti
|