GENESI DI UN TERREMOTO
Con il termine terremoto si definisce una scossa della superficie della Terra
prodotta da onde sismiche che si propagano dall’ipocentro, cioè da un punto
della
litosfera in cui si libera l’energia accumulata dalle tensioni presenti
nelle faglie geologiche.
All’ipocentro, che come dice il nome stesso si trova sotto terra, corrisponde
in superficie l’epicentro che è quindi il punto della biosfera più vicino alla
sorgente sismica.
I terremoti sono localizzati in prossimità di
faglie, insistenti su parti rigide della Terra, dove enormi masse rocciose si
muovono le une rispetto alle altre.
Quando l’attrito non è più in grado di contrastare le tensioni createsi nel
sistema roccioso, il sistema stesso cede nel punto più debole, vale a dire
nell’ipocentro.
Le masse di roccia si muovono e questo spostamento reciproco, definito rigetto,
genera le onde sismiche, che altro non sono se non l’evidenza del rilascio in
tempi brevissimi dell’energia accumulata.
Le onde sismiche si dividono in onde di volume, che
si propagano all’interno della Terra originando scosse sussultorie, e onde
superficiali che causano scosse ondulatorie.
Le prime sono a loro volta distinte in longitudinali o di spinta, che
raggiungono velocità di propagazione tra i 5,5 e gli 11,7 Km/sec., e
trasversali o di distorsione, con velocità comprese tra 3,3 e 7,25 Km/sec.
Le vibrazioni indotte dalle onde sismiche originano ciò che noi propriamente
chiamiamo terremoto.
Origine di tutto è quindi l’accumulo delle tensioni
nelle faglie che è sostanzialmente provocato da quel fenomeno che tutti
conoscono come tettonica a placche o a zolle in cui enormi porzioni di crosta
terrestre, galleggiando sulla parte sottostante, vengono a collidere.
Le gigantesche pressioni scaturite nelle collisioni, provocano l’accumulo di
tensioni nelle zone di
faglia che, come citato in precedenza, vengono liberate quando la forza
d’attrito risulta inferiore a quella delle tensioni medesime; ciò causa il
terremoto.
La condizione dell’Italia, rispetto alla situazione
determinata dalla tettonica a placche, è quella di una terra stretta in una
morsa tra la placca africana e quella europea.
Questo stato di cose induce l’accumulo delle tensioni nelle zone di faglia
localizzate nel nostro territorio.
INTENSITA' DI UN TERREMOTO
Nel 1902,
Giuseppe Mercalli compilò una scala atta a descrivere l’intensità locale
degli eventi sismici descrivendo 10 gradi dedotti in base alle conseguenze,
cioè ai danni visibili.
Appare evidente che i danni causati da un terremoto possono essere molto
differenti a seconda della zona geografica colpita e quindi, una scala empirica
come quella Mercalli dovrà tener conto delle diverse tipologie costruttive.
A tale scopo sono state formulate molte scale Mercalli modificate, ad esempio
per l’Europa Occidentale viene usata la scala MCS (Mercalli, Cancani,
Sieberg).
Il problema di dare un’unità di misura univoca ai terremoti fu risolto da
C. F. Richter che ideò una scala della magnitudo, altrimenti detta Scala
Richter, che valuta l’energia meccanica sprigionata all’ipocentro.
La Scala Richter non ha limiti inferiori (se non dettati dalla sensibilità
degli strumenti) né superiori.
Indicativamente possiamo considerare un terremoto distruttivo pari a magnitudo
7 e considerare che i terremoti più violenti del XX secolo hanno registrato
magnitudo 8,5 / 9.
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