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Gli alberi, costituiti essenzialmente di legno e cellulosa, possono bruciare diversamente a
seconda della quantità di ossigeno presente durante il processo di combustione.
Con ossigeno abbondante si ha la combustione viva, mentre se l'ossigeno
scarseggia si ha la pirolisi.
Negli incendi boschivi si hanno entrambe le possibilità: all'inizio, quando brucia la parte
esterna delle essenze legnose, si ha una combustione viva mentre, in seguito al calore trasmesso
per conduzione, la parte interna del tronco è sottoposta a pirolisi.
L'inizio della pirolisi provoca l'evaporazione dei liquidi contenuti nel legno e la temperatura
è mantenuta attorno ai 70° C dall'evaporazione stessa.
Ultimata l'evaporazione la temperatura sale ad una soglia critica, attorno ai 100° C, oltre la
quale non è più possibile interrompere il fenomeno ripristinando le condizioni
iniziali.
Quanto scritto vale solo per legni morti poichè quelli vivi, se esposti a
temperature elevate, muoiono precludendo la possibilità di
ripristino delle condizioni iniziali molto prima del raggiungimento della soglia stessa
(avvenuta la morte dell'albero è impossibile farlo tornare in vita).
Continuando la somministrazione di calore si passa alla cosiddetta fase "A" della pirolisi dove,
oltre al vapore acqueo, vengono espulse: anidride carbonica (CO2) e
ossido di carbonio (CO).
Oltrepassati i 150° - 200° C inizia la fase "B" in cui, oltre alle sostanze precedenti, vengono
emessi acidi grassi superiori, acido acetico (CH3-COOH), acido formico (H-COOH) e acido
propionico (CH3-CH2-COOH). In questa fase si formano anche degli alcoli come
il metilico (CH3OH).
Aspetto fondamentale della fase "B" è la variazione della combustione da condizioni
endotermiche a condizioni esotermiche. Ciò provoca un aumento della temperatura che
permette al processo di seguitare senza l'apporto di calore esterno.
Tra i 280° e i 450° C ha
inizio la fase "C" dove si ritorna all'endotermia con emissione di gas (metano CH4 e idrogeno H)
che bruciano violentemente causando quella che è chiamata "fase esplosiva". Dalla pirolisi
resta carbone che all'aria può ancora bruciare emanando gas.
La combustione viva, che avviene in presenza di ossigeno, ha come punto di passaggio all'esotermia
i 150° - 250° C. In essa le sostanze gassose bruciano con fiamma e, dalla combustione, resta solo
cenere.
Le biocenosi vegetali resistenti all'incendio sono quelle che sopportano senza
danni eventi gravi purchè essi non superino un limite che, se oltrepassato, provoca
danni irreversibili e la morte.
Vengono considerate biocenosi resilienti quelle che subiscono
danni da incendi anche di lieve entità, ma solo nella parte aerea e quindi possono
rigermogliare con una certa rapidità riducendo l'entità dei danni.
I boschi in cui predominano le latifoglie hanno caratteristiche intermedie tra la resistenza e
la resilienza, mentre alcune conifere presentano caratteri tipicamente resistenti come il larice
che, grazie alla sua spessa corteccia, può sopportare notevoli esposizioni al calore.
Le piante come il larice sono dette pirofile passive, mentre altre essenze arboree, dette pirofile
attive, sono tipicamente resilienti.
Per
quanto concerne il comportamento degli incendi boschivi possiamo affermare che
essi hanno una evoluzione molto complessa che dipende dai fattori sotto
elencati:
- Velocità di propagazione cioè di spostamento del fronte di fiamma. Essa
dipende dalla natura dell'incendio (radente con velocità bassa o di chioma con
velocità elevata) e dal vento la cui incidenza è codificata dalla
scala Beaufort
. La velocità di propagazione varia da pochi cm/sec a 100 - 150 cm/sec
(intensità medio-alta) per raggiungere valori di 350 cm/sec in incendi di
praterie.
- Lunghezza e altezza della fiamma. Esse dipendono in maniera inversamente
proporzionale dal vento e sono uguali in assenza di vento laterale.
- Intensità del fronte di fiamma (espressa come energia sviluppata
nell'unità di tempo e spazio)
- Tempo di residenza. Non è altro che il tempo di permanenza del fuoco su di
una superficie
- Pendenza del terreno. Se un incendio si sposta in salita avvicina il
materiale combustibile alla zona di combustione preriscaldandolo e causando
l'inizio della pirolisi. Il contrario si verifica per incendi che procedono in
discesa.
I fattori sopra citati concorrono tutti contemporaneamente all'evoluzione dell'incendio e rendono
ardua una previsione del suo comportamento (attualmente affidata a modelli) che comunque ci
permette di conoscere e valutare con più cognizioni l'avversario che stiamo affrontando.
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