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ESCURSIONI

Punta Cristalliera

Il racconto - 1

Il racconto - 2


Il Racconto - seconda parte

Mi stupisce e mi affascina pensare alla fatica che si paga per restare un’ora tra le braccia di Dio, di quanto questo tempo sia dilatato, faticoso e rigenerante insieme .
Quando sono quassù penso alla Grande Illusione che manovra le vite duemila metri più in basso: l’importanza personale, la posizione sociale, l’ambizione, sono caratteri di un essere insicuro e impaurito che non avendo alcun potere sulla Morte si consola cercando di avere potere assoluto sulla vita.
Da quassù invece, si sperimentano fugaci ed intensi contatti con l’Assoluto e si ricava una nuova (ma in realtà arcana) prospettiva nella quale non c’è più spazio per le cose frivole: la nostra corsa incontro alla morte è una cosa davvero priva di importanza se confrontata con la vastità del meccanismo cosmico, la minima parte del quale è intuibile da questa cima.

Oggi su questa vetta ho ricevuto in dono un pensiero che ho tradotto in questa poesia:

IN VETTA

 

Quanta fatica per guarirsi il Cuore,

Quanti passi, quanti respiri.

 

Da quassù non vedo confini, né trincee, né bandiere.

E gli uomini son piccola cosa.

 

Da quassù vedo un’Unica, Saggia Madre,

E gli uomini son tutti figli, non padroni.

Dopo un po’ di paradiso ci rendiamo nuovamente conto di appartenere al mondo e i pensieri ricominciano a scorrere ordinatamente come vagoncini sulle rotaie: gli impegni per cena, la discesa, il rientro, il traffico… dobbiamo andare.

Iniziamo la faticosa discesa lentamente, assaporando bene fino in fondo questi passi, perché è difficile lasciare questi luoghi così alieni e meravigliosi che sono le cime; se potessi farei i capricci.
Incontriamo un escursionista, (o meglio, un merendero d’alta quota) in difficoltà, a cui cedo uno dei miei bastoncini perché ha male a un ginocchio e i suoi passi non sono affatto stabili.
E’ vestito con jeans, camicia e giubbotto di jeans e ai piedi ha delle scarpe tipo Timberland…
Sono costretto a riflettere su chi dei due sia più stupido: lui che ha raggiunto senza problemi la vetta senza armamentari e precauzioni o io che ogni volta mi carico il necessario per il soccorso, per l’orientamento, per la fame, per il freddo e per la pioggia per giungere nello stesso luogo con il doppio della fatica !
Certo è che chi va in montagna così come si trova, si affida completamente alla buona sorte e questa non è mai garantita: talvolta gli eventi imprevisti ma prevedibili selezionano separando crudelmente chi è preparato da chi non lo è. Comunque trovo che si debba avere rispetto per il luogo che si sta attraversando e dedicargli il tributo che merita anche attraverso il riconoscimento della sua potenziale pericolosità.

Questi pensieri mi accompagnano fino al lago, dove la nebbia è quasi svanita e la scena è degna di una cartolina. Sulla parete Ovest della Cristalliera c’è qualcuno che arrampica ed altri che salgono all’attacco di qualche via, mentre dalla parte opposta, al di là della piccola conca,  il nulla, il vuoto la fa da padrone nella nebbia abbagliante che delimita il pianoro su cui ci troviamo.

Ridiscendiamo il canalino della cascata e in breve siamo di nuovo immersi nel grigiore cupo che ci aveva salutato stamane; alla spalla dove si trova il grande ometto di pietre ho i baffi imperlati d’acqua per l’umidità, di quelle nebbie grasse e pesanti che cadono come la neve e inzuppano come l’acqua.

Arrivati al torrente è di nuovo semibuio e la visibilità è di pochi metri, raggiungiamo con soddisfazione l’auto e, avviati ormai verso casa, riavvolgiamo il nastro della memoria ripercorrendo i momenti più belli della giornata, in silenzio, ciascuno dal proprio monitor.


Renato Fassino

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